Quanto vale veramente la biblioteca di Umberto Eco?
Paolo Pampaloni presenta all’Aldus Club: “La biblioteca di Umberto Eco. Valutazione finale”
In vista della pubblicazione del secondo numero dei Quaderni dell’Aldus Club dedicato a Umberto Eco per i 90 anni dalla sua nascita, l’Aldus Club è lieto di concludere gli appuntamenti Zoom del 2021 con un incontro dedicato proprio a Umberto Eco e alla sua favolosa biblioteca, a suo tempo catalogata da Paolo Pampaloni, che introduce il suo intervento come segue:
“La Biblioteca di Umberto Eco è stata forse l’ultima delle grandi biblioteche erudite del Novecento, e forse, della Storia. È evidente che soltanto la profonda conoscenza delle materie trattate, ed interconnesse, ha permesso la formazione di questa collezione, il cui fine era ricostruire quel sottile filo del pensiero esoterico che, partendo dai filosofie presocratiche e dai Padri della Chiesa, si sviluppa nel corso della storia nelle sue varie ed occulte discipline: dall’Arte della Memoria, all’utopia dei Rosacroce, dalla fisiognomica alla magia, dalla emblematica alla filosofia della scienza, dall’Inquisizione alle fantasie meccaniche del Rinascimento, dai primi grandi atlanti ai viaggi immaginari.
Già adesso, a pochi anni di distanza, alcune delle opere più significative sono scomparse dal mercato e non se ne conoscono ulteriori esemplari in mani private (Il Manifesto rosacrociano delle Nozze di Federico V, il Liber de Memoria di Francesco da Carrara, la prima, impossibile, edizione della Etymologia di Isidoro da Siviglia, molte delle opere di Postel, alcuni fondamentali opuscoli rosacrociani, il De Civitate Dei del 1470…). Di molte opere non se ne conoscono inoltre esemplari nelle biblioteche italiane, e di altre, solo sparuti numeri nelle biblioteche del mondo.
Soltanto il suo prestigio, e la fama internazionale di cui il Professor Eco godeva, potevano far emergere sul mercato opere dimenticate, considerate introvabili, di cui la miope avidità di librai antiquari ha sottovalutato, in fin dei conti, l’importanza o l’unicità.
Da sempre, ma in maggior misura oggi, in un’epoca di feticismo di massa, la provenienza di un libro ha attirato il desiderio di possesso dei collezionisti, e la storia delle grandi aste recenti lo dimostra: dalla collezione Honeyman venduta da Sotheby’s (1978- 1981) alla celebre asta di opere alchemiche di Zisska (Monaco, 1998), dalla vendita della collezione Feltrinelli (Christie’s, 1998-2004), a quella di Lord Macclesfield (Sotheby’s, 2004-2007), le aste “tematiche” di opere provenienti da celebri collezioni hanno scatenato la morbosità del possesso nei collezionisti. I prezzi d’asta raggiunti sono sempre risultati superiori del 30 fino al 100 % rispetto alle basi d’asta: tanto può il significato simbolico di un ex-libris, e credo che in molti sarebbero disposti a piccole follie pur di possedere un’opera “nobilitata” dalla appartenenza di una biblioteca così prestigiosa.”
Paolo Pampaloni, ha collaborato per dieci anni a partire dal 1974 al Dipartimento Beni Librari della Toscana, ed è libraio antiquario in Firenze dal 1984.
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